Destination marketing per piccole destinazioni: 3 pilastri per un approccio operativo

Alessio Neri

Nella nostra esperienza di progetti di destination marketing non abbiamo mai seguito un metodo preciso perché focalizzarsi su un modello ti impedisce di adattarlo alla realtà territoriale. Borghi e piccoli territori fuori dai tradizionali percorsi turistici di massa sono per definizione unici e speciali anche prima di diventare delle vere destinazioni turistiche, per questo motivo “flessibilità” nel marketing turistico di questi luoghi è una parola d’ordine.

Le piccole destinazioni hanno delle specificità davvero uniche che affondano le proprie radici nel fertile terreno del turismo esperienziale.

In tempi di pandemia tutto il mondo del viaggio è entrato in un vortice di cambiamenti che porteranno a rivoluzionare in parte degli atteggiamenti cristallizzati ma ormai obsoleti e dall’altro lato a valorizzarne e spingere la crescita di altri comportamenti che si stavano lentamente affacciando sul panorama turistico mondiale e locale. In questo contesto, anche i viaggiatori di tutto il mondo hanno avviato un processo, spesso inconscio e involontario, di mutamento nelle abitudini e dei modi di approcciarsi alla ricerca e all’acquisto di servizi di settore per mille motivi che non è il caso di discutere in questa sede.

In questo contesto in cui il mutamento è veloce ma in cui nessuno conosce ancora la vera meta, i piccoli territori che vogliono diventare attrattivi e maggiormente valorizzati (e visitati) devono avviare un percorso di sviluppo di marketing di destinazione che porti a verificare, e se necessario rinnovare, il proprio posizionamento sul mercato delle destinazioni, i propri prodotti turistici, la loro distribuzione, le attività promozionali, il coinvolgimento delle persone impegnate nell’offerta turistica e nella sua comunicazione.

Quando seguiamo progetti di destination marketing per piccole destinazioni, come detto, non seguiamo un metodo rigido e statico ma più che altro facciamo fede a 3 principi fondamentali che costituiscono a nostro avviso le basi per la definizione di metodi di lavoro personalizzati  a seconda delle esigenze del territorio e delle persone (professionisti e imprenditori) coinvolte nel processo.

Andiamo ad approfondire quali sono i tre pilastri del nostro metodo di lavoro.

1. Approccio partecipativo per il coinvolgimento degli attori della destinazione

Spesso l’incarico per sviluppare un Piano di marketing territoriale per lo sviluppo turistico viene assegnato ad una società o ad un professionista da parte di pubbliche amministrazioni locali, amministrazioni “aggregate” (unioni di comuni ad esempio), GAL e/o altri enti pubblici. Altre volte invece, ed invero più raramente, questi progetti vengono portati avanti da reti d’imprese private o associazioni di operatori locali o club di prodotto. Da un punto di vista delle procedure e della libertà d’azione le due varianti comportano enormi differenze.

Quello che è fondamentale dal nostro punto di vista è la costruzione di una comunità di portatori di interesse, partner e shareholder che devono essere coinvolti in tutte le fasi strategiche principali e non solo. Gli operatori locali, principali beneficiari di un’azione di marketing turistico di successo, devono contribuire in tutte le fasi dell’operatività del progetto stesso.

Ci sono numerosi modi per organizzare e sviluppare la partecipazione dal basso ad un percorso di destination marketing di medio-lungo periodo. In sostanza, si tratta di articolare in maniera ottimale per il contesto di riferimento un piccolo piano di comunicazione interna. Possiamo suddividere le azioni per mantenere attiva la partecipazione in due grandi filoni:

Interazioni di base

Potrebbe sembrare banale, ma riteniamo necessario mettere in chiaro che alcune cose sono alla base di un corretto e costante rapporto con una comunità di portatori di interesse territoriale.

  1. Costruire ed avere un database sempre aggiornato di contatti dei membri della community suddivisi per ruoli e “livello di interazione” con il progetto
  2. Comunicare costantemente via email le comunicazioni ufficiali e via whatsapp con un gruppo broadcast aggiornamenti operativi di vario genere
  3. Individuare all’interno del gruppo alcuni referenti per i principali ambiti di azione del progetto

Interazioni avanzate

  1. Condividere una dashboard su Trello o su altri software cloud per la gestione del progetto
  2. Stimolare la compartecipazione nella stesura della documentazione di progetto
  3. Organizzare workshop periodici per approfondire aspetti strategici delle varie fasi di progetto e focus group per l’analisi e l’approfondimento di tematiche che possono generare coesione e condivisione di più valori e obiettivi di marketing

Dal nostro portfolio

Progetto di destination marketing pluriennale QuiLaigueglia rete d’imprese

2. Metodologia Agile per verificare il processo ad ogni step rilevante senza commettere errori “irrisolvibili”

Tutti gli aspetti del coinvolgimento dei committenti descritti nel punto precedente diventano un pilastro fondamentale per un corretto sviluppo del progetto con metodologia Agile.

Per chiarire subito di cosa si tratta a chi non è abituato a terminologie legate al mondo dello sviluppo software e del project management ecco una definizione abbastanza chiara:

La metodologia Agile è un complesso di attività e pratiche che rendono la gestione di un processo più flessibile. Nel, complesso la sua caratteristica principale è che consente di seguire la priorità e l’avanzamento delle differenti fasi e adattare. Quindi, nel caso di elementi bloccanti rende possibile adattare le priorità o le attività.”

Fondamentalmente, Agile è più un mindset. Una forma mentis che consente di portare avanti progetti anche di lunga durata con 2 focus principali: la soddisfazione del committente e gli obiettivi condivisi che vanno raggiunti “un passo alla volta” con verifiche continue e grande flessibilità ad adattarsi ai nuovi contesti che si creano in corso d’opera.

Questo approccio, per esempio, è davvero molto complicato da applicare quando un progetto di destination marketing è commissionato da una pubblica amministrazione perché quest’ultima ha regole rigide, tempi lunghissimi di adattamento all’esistente, influenze politiche spesso illogiche ai fini della buona riuscita del progetto.

3. Data driven marketing per prendere decisioni di destination marketing lucide

Traducendo letteralmente Data Driven Marketing in italiano abbiamo: marketing guidato dai dati. In cosa consiste il terzo ed ultimo pilastro della nostra progettazione di destination marketing? Presto detto.

Parafrasando le definizioni più tecniche… si tratta di un modo di approcciarsi alle decisioni avendo come motivazioni fatti oggettivi da valutare e, soprattutto, dati numerici. Le implicazioni che comporta questo modo di fare sono molteplici e a volte possono generare anche gravi errori e fallimenti. È innegabile però che avere a disposizione un’ampia gamma di dati utili può portare il management della destinazione e il suo marketing manager a prendere decisioni più lucide in alcune fasi delicate quali, ad esempio: definire gli obiettivi di progetto, tracciare il percorso migliore per raggiungerli, i benefici reali che si possono ottenere.

Le problematiche che sorgono quando si parla di utilizzo di dati in una strategia di marketing turistico per una destinazione sono molteplici e articolate. Si va dalla necessità di selezionare quali delle infinità di dati a disposizione sono utili per il progetto fino al modo in cui leggerli e interpretarli. In mezzo, tra queste due azioni, c’è un mondo all’interno del quale in tempi di “big data” non sempre facile navigare.

Young woman looking at digital display at night

Quali sono i dati utili per il destination marketing?

Di certo, però, ci sono alcune informazioni che sotto forma di dati sono di certo utili a progettare il marketing di una destinazione turistica nel migliore dei modi. Li elenchiamo qui per semplicità con un elenco puntato:

  • Dati di prodotto: è assolutamente necessario poter avere dati costantemente aggiornati sulle tipologie di prodotti e servizi turistici che il territorio mette a disposizione. Dal numero di posti letto, alla quantità di guide turistiche operanti in destinazione, dalla qualità dell’offerta della ristorazione al numero di lingue del menù, ecc ecc. Questi dati in una piccola destinazione si possono ottenere con questionari e ricerche interne tra gli operatori locali.
  • Dati di reputazione: tutto quello che riguarda la valutazione online e offline che i visitatori della destinazione fanno del territorio, dei suoi punti di interesse, della sua offerta turistica. Alcune aziende offrono soluzioni di sentiment analysis davvero ricche ed avanzate.
  • Dati di flusso: sono tutte quelle informazioni su arrivi e presenze turistiche in destinazione. Purtroppo le piccole destinazioni sono quasi sempre prive di osservatori locali. In mancanza di dati dettagliati si può comunque operare una ricerca a livello regionale e provinciale per capire quali sono i trend sui flussi turistici.
  • Dati di mercato: tutte le informazioni analitiche che afferiscono alle preferenze e ai comportamenti dei mercati target della destinazione.

Dunque, perché lasciarsi guidare dai dati in un progetto di destination marketing per piccoli territori?

La risposta per chi si occupa di piccole destinazioni e di turismo esperienziale come noi non differisce molto da quelle che darebbero colleghi che si occupano di territori che attraggono grandi flussi. Ci viene in aiuto anche Think with Google con una ricerca del 2017 tra alcuni dei principali marketer globali secondo cui:

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Il progetto Gente in Viaggio (2.0) è realizzato con il contributo della Regione autonoma della Sardegna e del POR FESR 2014 – 2020.