Travel e food, dati e statistiche per scoprire il turismo enogastronomico in Italia
Il cibo attrae ogni anno orde di turisti, ma la spiegazione del successo del turismo enogastronomico non può essere semplicisticamente ridotta al desiderio di abbuffarsi delle buone forchette: attraverso il cibo, i turisti vogliono vivere delle vere e proprie esperienze multisensoriali, scoprire le tradizioni e le peculiarità culinarie dei territori, partecipare attivamente a laboratori e corsi di cucina, conoscere le aziende produttrici e i processi di trasformazione. Insomma, le possibili esperienze legate al buon cibo sono tante e l’Italia è senz’altro uno dei paesi che ha più da offrire dal punto di vista enogastronomico, basti pensare a quanto sia famoso e ricercato il food Made in Italy in tutto il mondo. Il genere alimentare è da sempre considerato un importante componente del patrimonio italiano, un motivo di vanto all’estero e un fattore che contribuisce alla valorizzazione e allo sviluppo di tutto il territorio.
Turismo enogastronomico… tutto da bere
L’ultimo Rapporto sul Turismo Enogastronomico (2021) ci offre un quadro molto interessante ed esaustivo del settore. Per capire la portata del fenomeno basti pensare che, nel 2021, il 13% delle prenotazioni effettuate su TripAdvisor con destinazione Italia era a tema enogastronomico. La Toscana e il Lazio sono le regioni più prenotate, insieme a Piemonte ed Emilia Romagna.
Non solo cibi ma anche bevande (meglio se alcoliche): tra queste ultime le più amate dai turisti sono il vino e la birra. Già nel periodo pre-pandemico l’enoturismo contava almeno 15 milioni di presenze per un fatturato complessivo di 2,65 miliardi di euro (Città del Vino, 2021; in Rapporto sul Turismo Enogastronomico, 2021).
Le degustazioni e i tour a tema vino primeggiano tra le esperienze più richieste, tanto che nel 2021 una prenotazione su due (di quelle a tema enogastronomico) riguardava proprio questo tipo di esperienze turistiche.
Secondo il Rapporto, la Toscana ha un’offerta vinicola invidiabile con 592 cantine (pari al 28% del totale nazionale), seguita da Veneto (con 236 cantine) e Piemonte (196).
Per quanto riguarda la birra, secondo il Rapporto, l’Italia contava, nel 2020, 626 micro-birrifici con la Lombardia in testa (detentrice di 128 aziende, pari al 17% del totale nazionale), a cui seguivano Piemonte (72), Veneto e Toscana (entrambe con 75 aziende).
Tuttavia il segmento “birra” all’interno del mercato del turismo enogastronomico, pur essendo molto attrattivo, risulta essere ancora agli inizi rispetto all’enoturismo e l’offerta dedicata ai viaggiatori è tuttora inferiore rispetto a Paesi che ne hanno fatto un vero e proprio business, come la Germania, gli Stati Uniti e il Belgio. Lo stesso Rapporto sostiene però che le esperienze brassicole stanno suscitando sempre più interesse da parte dei turisti e il loro desiderio va ben oltre le tradizionali degustazioni. Secondo Garibaldi (2021, in Rapporto sul Turismo Enogastronomico) e il portale ilmondodellabirra.com:
- il 65% dei turisti italiani gradirebbe assistere al processo produttivo;
- il 59% vorrebbe partecipare a tour tra birrifici;
- il 57% vorrebbe vivere una giornata come mastro-birrario;
- il 56% gradirebbe visitare luppoleti e campi d’orzo;
- il 49% sarebbe entusiasta di soggiornare in hotel tematici.
Le possibilità sono dunque numerose, ciò che probabilmente manca all’Italia per essere competitiva in questo settore (al pari dei Paesi del Nord Europa) sono gli investimenti in strutture adatte ad accogliere i turisti appassionati di birra. La strada è appena stata imboccata ma la direzione è senz’altro quella giusta.
Nel nostro Paese sono molto richiesti anche i corsi di cucina, soprattutto da stranieri e nelle regioni Lazio e Puglia (nel 2021 il 3,6% degli utenti preferiva le cooking classes). In Campania e Sicilia primeggiano i tour dello street food, mentre l’Emilia Romagna è dedita ai tour enogastronomici in generale.
Inoltre, non possiamo non citare la presenza dei Musei del gusto: secondo il Rapporto, nel 2021 erano 129 le strutture italiane, con quasi tutte le Regioni (18 su 20) che ne hanno almeno una. L’Italia risulta leader in Europa davanti a Spagna (107 musei) e Francia (88). Queste strutture sono più concentrate al nord, in particolare in Piemonte, Emilia Romagna e Veneto. Il tema più diffuso è il vino, che conta ben 46 musei dedicati (pari al 36% del totale), ma vi sono anche altre produzioni ricorrenti (formaggi, olio, frutta e verdura, prodotti trasformati, ecc.).
Un altro interessante fenomeno, citato nel Rapporto, è rappresentato dalle “Strade del vino, dell’olio e dei sapori”, dei veri e propri percorsi a tema enogastronomico: in Italia se ne contano 103, maggiormente concentrati in Toscana, Veneto e Sicilia e, anche in questo caso, a predominare è il tema vinicolo.
Buone pratiche
San Potente agricoltori e maestri di ospitalità nel cuore dell’Umbriadi Alessio Neri
L’olio, soprattutto quello extravergine (ma non solo), è un altro prodotto di punta dell’offerta culinaria italiana, in quanto emblema della classica dieta mediterranea. Sono tanti i turisti interessati ad assistere alla raccolta delle olive, ai tour guidati nei frantoi e nei luoghi di coltura, alle degustazioni e ai laboratori didattici.
L’Oleoturismo, dal gennaio 2020, è diventato, al pari dell’enoturismo, una realtà formalmente riconosciuta dal codice civile (art. 2135), che ne ha definito i requisiti e gli standard minimi per l’esercizio. Tante aziende stanno dunque specializzandosi in questo settore e propongono ai visitatori esperienze a tema.
Infatti, secondo l’Associazione Nazionale Città dell’Olio, si tratta di un settore in forte crescita e l’Italia, insieme a Spagna e Grecia, è un leader di mercato (Fondazione Qualivita). Le aziende agricole con coltivazione di frutti oleosi sono 51.857, la maggioranza in Puglia, Calabria e Toscana. La Puglia detiene anche il maggior numero di frantoi.
Dal punto di vista dell’offerta turistica dovremmo però conoscere meglio e, forse, emulare l’esempio della Spagna, che ha fatto dell’olio un vero e proprio brand promozionale: nel distretto di Jaén, in Andalusia, è stato lanciato l’“Oleotur”, un marchio che offre proposte e pacchetti a turisti durante tutto l’anno (asa-press.com).
Turismo enogastronomico e digitalizzazione: un gap da colmare al più presto
Il tallone d’achille degli operatori turistici italiani che offrono esperienze enogastronomiche è la digitalizzazione. Prendiamo, ad esempio, i Musei del Gusto: secondo il Rapporto Enogastronomico (2021) solo 36 strutture su 129 avevano un proprio sito web.
Si tratta di un gap importante e penalizzante dato che la domanda sui motori di ricerca e il booking online sono per i turisti un requisito ormai fondamentale nella scelta delle loro attività.
Occorre dunque per gli operatori organizzarsi in tal senso se vogliono aumentare vendite e prenotazioni o, quantomeno, essere presi in considerazione dal proprio pubblico di riferimento che, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, ha un potenziale in forte crescita.
Customer journey
Marketing per Tour operator ed experience, guida agli strumenti online che non devono mancaredi Alessio Neri
Il “tourism journey” è sempre più digitale in tutte le sue fasi, tanto nei momenti di ricerca di informazioni, quanto nel booking e nel post-esperienza (pensiamo alle recensioni o ai tanti turisti che poi vanno a cercare i prodotti alimentari che hanno assaggiato durante il loro tour enogastronomico per acquistarli nell’e-commerce). Per rimanere ai fondamentali del marketing turistico online, il sito web è dunque un investimento necessario non solo per far fronte a una domanda ormai digitalizzata e molto più esigente del passato ma anche perché, accompagnato da un efficiente sistema di prenotazioni, può essere un ottimo strumento gestionale che permette all’operatore del turismo enogastronomico di organizzare meglio il proprio lavoro non solo in termini di produzione e commercializzazione ma anche nell’ottica di aprirsi sempre di più alle visite di viaggiatori curiosi e appassionati.
Anche le cantine non sono decisamente a prova di “click”, nonostante siano il segmento del turismo enogastronomico più richiesto. Secondo la ricerca “In Vino Digital” di ContestidiVini che ha posto a confronto 300 aziende vitivinicole italiane, attualmente, solo le più grandi dispongono di un sito multilingue; la maggioranza delle piccole e medie aziende o non ha un sito o ha un sito solo in italiano, eppure esse costituiscono il 92% dello scenario produttivo (winenews.it).
Un’altra indagine di Wine Meridian, commissionata da Team System, sostiene addirittura che il 37% delle aziende vitivinicole non utilizzerebbe nessuno strumento digitale, mentre altre si affiderebbero a portali web di terzi.
La consapevolezza dell’importanza del digitale sta però crescendo, infatti, secondo l’inchiesta, la maggioranza degli intervistati (il 44,4%) riconosce che la presenza sul web e l’utilizzo delle tecnologie digitali siano una grande opportunità di crescita futura per il settore e solo il 7,1% ritiene che abbiano un ruolo marginale. Il 30,3% sta iniziando adesso il percorso di trasformazione digitale e a constatarne i primi benefici.
Marketing automation, booking engine e buy now pay later sono solo alcuni degli strumenti innovativi con cui anche gli operatori del turismo enogastronomico devono fare i conti se vogliono competere sul mercato e andare incontro a una domanda turistica inflessibile e impaziente che richiede sempre più servizi contactless e che ha sempre più voglia di gustare eccellenze e peculiarità del Bel Paese.