Turismo post Coronavirus, sarà il boom delle piccole destinazioni?

Alessio Neri

Nel 2019 Skift segnalava come uno dei principali “megatrend” del turismo da tenere d’occhio il cosiddetto Undertourism. Si tratta, secondo il colosso della travel intelligence internazionale, di un trend opposto (e speculare) dell’overtourism, quel fenomeno ormai protagonista di molte cronache nostrane che ci racconta di città invivibili perché affollate di flussi incontrollati di turisti (vedi Venezia, Barcellona, ecc) e di altre destinazioni urbane che stanno pesantemente trasformando il proprio tessuto socio-economico a causa della spinta dirompente delle più recenti forme di ospitalità turistica.

L’idea di scrivere questo post mi è venuta dopo aver assistito ad un interessantissimo panel sull’argomento al BTO 2020 di Firenze (vi invito a vedere il video qui sopra) nel febbraio 2020, poche settimane prima che il mondo e l’Italia in primis venissero travolte dalla crisi della pandemia da Corona virus. Eppure, anche se oggi sembra che il mondo del turismo non abbia una vera direzione da prendere perché “tutto bloccato”, il tema dell’undertourism continua ad essere centrale a mio avviso.

Non è facile destreggiarsi nel fare previsioni nel bel mezzo di una pandemia globale che attacca la salute, i sistemi sanitari nazioni e gli spostamenti delle persone (il turismo, ndr). In questi giorni stiamo facendo un grande sforzo di selezione e curation per filtrare i contenuti che riteniamo davvero utili e “fuffa free” per riproporli attraverso i nostri canali social. Alcune tematiche ci sembrano condivisibili e plausibili nell’ottica di immaginare come sarà il futuro del turismo, almeno nei primi tempi dopo la fine della crisi.

Undertourism = turismo attento alle persone

Le opinioni dell’economista francese Jaques Attali ci sembrano in linea con quello che potrebbe essere il cuore della ripartenza post-virus del nostro mercato. Prendiamo in prestito le parole dello studioso francese:

A vincere la nuova sfida saranno i comparti “ontologicamente più empatici”: quello della sanità ovviamente ma anche tutte le attività connesse all’alimentazione sana, alla crescita culturale, all’arricchimento delle competenze, alla cura dell’ambiente.

Probabilmente si smetterà di acquistare in maniera compulsiva cose inutili e si punterà a un migliore uso del tempo personale.

Se trasliamo queste idee nel mercato turistico si delinea un viaggiatore del prossimo futuro attento alla scoperta degli stili di vita sani e culturalmente rilevanti per le comunità di appartenenza in cui si imparano “cose” e si torna a casa più ricchi di prima sapendo di essere stati responsabili nei confronti del mondo in cui viviamo. Detto in etichette: turismo enogastronomico, turismo delle radici, wellness, detox, turismo ispirazionale, turismo di trasformazione, ecc ecc

In soldoni? Il viaggiatore post-covid 19 è perfetto per le micro e piccole destinazioni dove gli stili di vita sono ancora autentici, l’ambiente e il territorio sono tutelati da forme di vita sociale non eccessivamente invasiva e il rapporto con la natura e la sua biodiversità è prevalentemente armonico grazie ad ecosistemi economici non massivi e distruttivi. E ancora, la maggior parte delle tradizioni e del Patrimonio Immateriale del nostro paese è custodito proprio nelle destinazioni e nei territori a mala pena lambiti dal fenomeno economico del turismo.

Ecco perché anche oggi in pieno tsunami Coronavirus possiamo sostenere che l’offerta turistica delle piccole destinazioni potrebbe essere la prima a ripartire dopo il lockdown per due motivi:

  1. Rispecchia in toto quanto scritto poco fa: uno stile di vita attento al benessere psico-fisico delle persone
  2. Perché in un contesto in cui il 25% degli operatori turistici in-destinazione rischia il fallimento è anche vero che molto probabilmente il turismo nel nostro paese riprenderà piede grazie agli spostamenti interni Italia-Italia. E in questa ottica è facile immaginare che i movimenti avverranno dai grandi centri urbani in direzione della miriade di piccole gemme che riempiono la penisola e le sue isole.

In Europa il trend pre-crisi era già in linea con quanto sostengo al punto 2, infatti secondo dati Trivago 2019, il 60% dei flussi turistici sono di tipo domestico (a livello continentale) mentre la ricerca “Viaggi e vacanze” dell’ISTAT parla del 76% di viaggiatori italiani che rimangono nel bel paese (con una flessione negativa del 12% rispetto all’anno precedente).

È difficile dubitare del fatto che, mai come adesso, gli Italiani saranno ancora più spinti a scoprire il loro stesso paese. Il nostro paese. Sempre a livello europeo, i dati Trivago supportano e confermano l’idea per cui i cittadini del nostro continente sono i più attratti dalle destinazioni meno battute.

In conclusione… beh, forse una conclusione adesso non c’è, troppa incertezza sul futuro ma possiamo immaginare con una certa cognizione di causa che qualche spiraglio in fondo al tunnel comincia ad intravedersi.

Il post-pandemia sarà la stagione delle destinazioni dell’undertourism italiane. Borghi, aree rurali, cittadine di provincia, paesi di montagna, spiagge insolite, località termali: sarà il vostro momento!

Crediti foto immagine di copertina Borgoslow

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